Donne (uomini) e potere: rovesciamo il paradigma

Ci sono temi rispetto ai quali la statistica e i numeri dicono molto, ma allo stesso tempo dicono poco. La questione femminile, intesa come rappresentanza delle donne nelle istituzioni, nell’amministrazione e nel mondo economico è senz’altro uno di questi.

Che abbiamo un problema in Italia su questo fronte è del tutto evidente e che lo abbiamo in Alto Adige anche.

La percentuale di donne che siedono nei consigli di amministrazione delle aziende pubbliche nella nostra Provincia si colloca ancora al 33% (dato del 2015 da aggiornare in crescita), pur in forte aumento sugli anni precedenti date le norme che hanno imposto le quote rosa. Mentre la situazione nel settore delle aziende private, è e resta invece molto distante dai primi buoni risultati raggiunti, per volontà politica, in quelle pubbliche.

E va ancora peggio guardando alle cariche elettive. Nel 2013 si sottolineava come la media nazionale di sindaci donna fosse del 11,7% e il Trentino-Alto Adige si collocasse sotto la media con un tasso dell’11,4%, mentre alle ultime elezioni comunali di Bolzano dello scorso anno sono risultate elette solo 10 consigliere donne su un totale di 45.

A ciò si aggiunga la difficoltà a fare approvare le preferenze di genere in Consiglio provinciale a Trento e la totale assenza del tema dal dibattito pubblico e legislativo, per volontà dei principali attori politici, in Alto Adige.

Per quanto attiene ai CDA si lamenta spesso la minore disponibilità delle professioniste donne ad accettare queste forme di impegno.
Ma occorrerebbe indagarne i motivi, oltre a quelli noti di conciliazione famiglia-lavoro.

Per quanto riguarda le cariche elettive si tende invece ad attribuire astrattamente “ai partiti” la colpa della bassa partecipazione politica femminile.
Certo i partiti, la politica, hanno anche una formula organizzativa e di funzionamento interno (si pensi solo alla quantità e agli orari di riunioni di partito e al conseguente tempo da investirvi) che mal si concilia con una gestione familiare troppo spesso quasi interamente sulle spalle femminili, ma appunto, dobbiamo forse cambiare prospettiva.

Manca ancora consapevolezza. La presa di coscienza che un problema c’è. Soprattutto, paradossalmente, da parte delle generazioni femminili più giovani.

Occorre una svolta culturale su un duplice fronte, ma da un comune punto di partenza: noi.

Tocca alle donne per prime da una parte impostare diversamente i rapporti con i propri mariti e compagni e pretendere una condivisione piena nella gestione dei figli e delle incombenze pratiche domestiche. Nessuna legge potrà, da sola, realizzare questo.

E dall’altra tocca sempre a noi, metterci più in gioco, accettare le sfide e non temere di candidarsi a ruoli e posizioni “storicamente” maschili.
Sentirci alla pari, prima ancora che rivendicare parità.
Non accettare ruoli e trattamenti, anche economici, sempre subordinati.
Non avere paura, in ogni lavoro e contesto, di chiedere che venga riconosciuta la propria professionalità. Non avere paura di mostrarla e rivendicarla, anche quando messa in dubbio da stereotipi (magari sull’aspetto fisico).

Tocca a noi anche imporre certi temi ad un dibattito pubblico che indulge ancora troppo sulla figura della “mamma” da tutelare nel suo ruolo prevalente di madre e non della professionista da mettere in condizione di dare il suo contributo alla crescita, anche economica, della società a prescindere dal suo essere madre o meno.

Senza questo cambio di mentalità e di passo, senza che questo avvenga in maniera diffusa, ogni azione positiva, che si tratti di norme per la conciliazione famiglia-lavoro o per incentivare una genitorialità pienamente condivisa o di maggiori servizi alla famiglia, raggiungerà sempre solo in parte il risultato prefisso.

Rovesciare il paradigma.
Le prime a dovere cambiare mentalità siamo noi. Solo poi cambierà la società.

Si tratta senza dubbio di una lettura anche un po’ provocatoria, ma nessun cambiamento matura per delega ad entità astratte.

Forse è giunto il momento per una maggiore consapevolezza femminile del proprio ruolo e soprattutto del proprio potenziale, in Italia e anche in un Alto Adige sonnacchioso su questo tema, come su molti, troppi, temi cruciali.

Ilaria Piccinotti
Sandra Lando